Pienone per il convegno “Politici e burocrati: quasi amici?” al Forum PA

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La tonnara di giornalisti fuori, gente in piedi dentro alla sala: grande attenzione e partecipazione per il convegno “Politici e burocrati: quasi amici?”, che si è tenuto mercoledì 27 maggio al Forum PA, e ha visto la partecipazione della vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, il presidente dell’Inps Tito Boeri, il consigliere di Stato Carlo Deodato e la professoressa Denita Cepiku dell’Università Tor Vergata.

Il dibattito è stato moderato da Laura Palladino, consigliera AllieviSNA, e introdotto da Alfredo Ferrante, presidente dell’Associazione.

Qui il testo dell’intervento introduttivo di Ferrante su linkiesta.it.

E qui la sintesi dell’incontro su Formiche.it a cura di Edoardo Petti.

Politica e PA: tiriamo una riga

Blog post del 28/05/2015

Si è tenuto presso il Forum della Pubblica Amministrazione un affollatissimo convegno organizzato dagli ex allievi della Scuola Nazionale di Amministrazione sul tema: “Politici e burocrati: quasi amici?” con la partecipazione della vice-presidente del Senato Valeria Fedeli, del Presidente dell’INPS Tito Boeri, cel Consigliere di Stato Carlo Deodato e della professoressa Denita Cepiku dell’Università Tor Vergata. All’interno dei diversi temi oggetto di intervento da parte della delega sulla riforma della PA, infatti, il rapporto fra politica e burocrazia, dirigenza in particolare, resta centrale e controverso. In questo quadro, aldilà delle molte ed opportune considerazioni di carattere tecnico – è in preparazione uno spolis system di fatto? – il rischio è che si sconti un pericoloso equivoco, ovvero che politici e burocrati siano nemici in trincea, mentre, al contrario, il corretto funzionamento della macchina pubblica è responsabilità di entrambi. Forse non fratelli di sangue, ma quasi amici, dunque. Al Forum c’è stato un dibattito serio, corretto, approfondito: qui di seguito la mia relazione introduttiva.

pubblica amministrazione; Renzi; Madia; burocrazia; Boeri; ForumPA

Buon pomeriggio a tutti e benvenuti all’incontro promosso dall’Associazione degli ex allievi della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, ormai al suo 16mo anno di attività e con quasi altrettanti convegni organizzati presso il Forum della PA. Prima di cominciare, due parole sugli AllieviSNA: nati nel 1999, ci rivolgiamo agli ormai circa 500 dirigenti provenienti dai corsi-concorso di formazione dirigenziale della Scuola Superiore della PA, oggi SNA. Siamo presenti come dirigenti pubblici nei ministeri e negli enti pubblici a Roma come sui territori, mentre molti di noi sono oggi passati ad altre carriere nelle magistrature, nelle assemblee legislative e nelle organizzazioni internazionali. Il nostro sforzo è quello di tenere viva la rete fra di noi e dare il nostro contributo ai temi in agenda nel Paese che riguardano la PA e l’organizzazione dello Stato.

Dirigenti dello Stato prima che delle singole amministrazioni da sempre, grazie ad un percorso – il reclutamento e la formazione all’interno del corso-concorso della Scuola – che vogliamo tutelare e promuovere, consapevoli dell’importanza di una formazione comune sui valori repubblicani.

Il tema scelto oggi non ha bisogno di troppe spiegazioni. Il serrato dibattito degli ultimi mesi sulla riforma della PA vede il rapporto fra politica e burocrazia (tecnocrazia forse rende meglio l’idea di chi siamo) come elemento chiave, sul quale si è, tuttavia, avvitata una sorta di guerra fredda.

Non è il caso di ricordare alcune dichiarazioni “muscolari” del Presidente del Consiglio su burocrati e dirigenti: consegniamole all’archivio di una pur legittima dimensione di propaganda politica, alla quale talvolta si è contrapposto un atteggiamento di retroguardia e di arroccamento da parte della dirigenza.

Bene, crediamo sia ora di tirare una riga e ricordare – significativo che ce ne sia bisogno – che siamo sulla stessa barca e che questa barca si chiama Italia. Il principio che regoli il tumultuoso rapporto fra politica e burocrazia deve essere la leale collaborazione per dare corpo al processo decisionale delle politiche pubbliche: non è più possibile, quindi, prestare il fianco al pericoloso equivoco che li vede quali avversari gli uni contro gli altri armati. Occorre, invece, ragionare con serietà sulla regolazione più efficace del loro rapporto.

Scriveva Costantino Mortati nelle sue lezioni su “Le forme di Governo” che la garanzia di imparzialità dell’amministrazione è “resa attiva da un corpo di funzionari forniti di uno stato giuridico che dovrebbe metterli al riparo dagli attentati alla loro indipendenza da parte del personale politico. La burocrazia appare così come uno dei limiti fondamentali dell’ordinamento del governo e si pone come ossatura essenziale di una struttura equilibrata dei poteri”.

Un anno esatto fa ci trovavamo qui a discutere delle prospettive della riforma, offrendo un documento con nostre proposte al dibattito: “Cinque idee per la PA di domani, perché una PA di tutti ha bisogno di tutti”. Insistevamo su trasparenza, capitale umano, semplificazione intelligente, gestione delle reti e controlli. Ed eravamo preoccupati. Un nostro collega, intervenendo, ricordò che non dobbiamo avere paura, forti dei nostri valori e della nostra professionalità. Aveva ragione. Lo ripeto io oggi: nessuna paura. Ma, come sempre abbiamo fatto, abbiamo il dovere di evidenziare le cose che in questa riforma vanno bene e quelle che crediamo non siano utili.

Sono molte le cose che serve fare per rendere migliore la macchina dello Stato. Oggi ne ricordo una per tutte: ripensare il sistema della valutazione, messo in un cassetto dalla politica e dalla dirigenza, d’accordo nel accontentarsi di un impianto inidoneo a leggere le dinamiche interne delle organizzazioni pubbliche.

Ma c’è dell’altro. Fra i molti nodi critici, sembra che quello che recentemente Guido Melis in un suo recentissimo e bellissimo libro (“Fare lo Stato per fare gli italiani”) ha definito il processo di graduale precarizzazione della dirigenza pubblica trovi il suo apice nella riforma ora in cantiere. Processo accompagnato, non troppo paradossalmente, da una sorta di stabilizzazione degli avventizi.

Nella scommessa di riavvio della macchina dello Stato dovrebbe invece (ri)entrare prepotentemente in gioco una dirigenza che, in un rapporto di leale collaborazione con la politica, sia in grado di governare le strutture affidate in sintonia con le esigenze di continua trasformazione che provengono dall’esterno, sulla base di chiare responsabilità ma con autonomia operativa e di funzioni. In caso contrario, assisteremo a conseguenze pericolose per l’equilibrio dei poteri, rischiando di perdere un’occasione storica di fare finalmente della P.A. una delle leve di rilancio del Paese

Tiriamo una riga, allora, e ripartiamo. Ripartiamo dai dati e dai numeri. Ripartiamo lasciandoci alle spalle pregiudizi e rabbia sociale, che mai, mai va alimentata. Ripartiamo dal lavoro comune per una riforma che salvaguardi, ad un tempo, valori costituzionali, visione politica, diritti dei lavoratori, e, soprattutto diritti dei cittadini ad una organizzazione efficiente dello Stato che risponda ai loro bisogni ed aspettative.

È un lavoro non semplice che deve vedere alla sua base una faticosa opera di ricostruzione del rapporto di fiducia fra politica e burocrazia e fra queste e i cittadini.

Ecco come i dirigenti statali rispondono a Renzi, Madia e Visco

28 – 05 – 2015Edoardo Petti

Ecco come i dirigenti statali rispondono a Renzi, Madia e Visco

Chi c’era, e che cosa si è detto, al convegno “Politici e burocrati: quasi amici?”, promosso dall’Associazione Ex Allievi della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (Sna) presso il Forum Pa in corso al Palazzo dei Congressi di Roma.

Nel corso dell’assemblea annuale della Banca d’Italia il governatore dell’Istituto di Via Nazionale Ignazio Visco ha pronunciato parole molto forti riguardo l’apparato statale. Puntando il dito contro “un personale troppo vecchio, poco specializzato in termini formativi e linguistici, auto-referenziale nelle valutazioni professionali”.

Le ragioni di un confronto

Riflessione che ha trovato una risposta altrettanto rigorosa nel convegno “Politici e burocrati: quasi amici?”, promosso dall’Associazione Ex Allievi della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (Sna) presso il Forum Pa in corso al Palazzo dei Congressi di Roma.

Cornice che fornisce a dirigenti pubblici, giuristi e studiosi l’opportunità di un confronto aperto e di una riflessione critica sugli effetti della riforma governativa approdata a Montecitorio dopo il via libera del Senato.

“Andare oltre un conflitto sterile”

Un provvedimento, ha rilevato il presidente degli Allievi Sna Alfredo Ferrante, che finora è rimasto bloccato nel conflitto tra l’offensiva di Matteo Renzi contro “i burocrati fannulloni” e una reazione di retroguardia da parte di funzionari e dirigenti.

Per ricostruire un rapporto di fiducia reciproca – fattore essenziale per la neutralità dei poteri nei confronti del cittadino – il manager del Ministero del Welfare ritiene fondamentale valorizzare le professionalità del capitale umano attivo nella Pa. Approntando parametri efficaci di valutazione per i responsabili degli uffici, “che devono rientrare in gioco per governare la macchina statale secondo principi di responsabilità”.

“Personale di qualità in un contesto bizantino”

È da tale ragionamento che trae spunto il presidente dell’Istituto nazionale di previdenza sociale Tito Boeri: “Nella veste di commentatore ho più volte messo in rilievo la presenza di un ‘governo ombra’ formato da tecnocrati e burocrati, in grado di promuovere o bloccare processi di vario genere grazie a una stabilità e a un monopolio di conoscenze più forti della precarietà dei governi politici. Poi, una volta assunto un compito pubblico, ho potuto accorgermi dell’elevata professionalità del personale amministrativo pur in una cornice organizzativa bizantina e assembleare”.

La ricetta di Tito Boeri

Panorama che ai suoi occhi rende non più rinviabile un profondo mutamento della Pa. A partire dall’adozione del ruolo dirigenziale unico fra le amministrazioni pubbliche e della rotazione dei manager: “Fondamentali per evitare la fossilizzazione e la stagnazione del capitale umano”.

Altro passo da compiere per l’economista è la ricerca e l’individuazione di standard retributivi nazionali per misurare il tasso di produttività e qualità dei servizi.

Il terzo problema illustrato da Boeri è rappresentato dai metodi di selezione dei dirigenti medio-alti, “finora troppo legato a criteri fiduciari e politici”. Per tentare di risolverlo, è la sua convinzione, bisogna coinvolgere persone provenienti da realtà esterne per immettere competenze nuove nell’apparato pubblico.

“Manager più vulnerabili nei confronti dei politici”

Una critica sferzante al provvedimento promosso dall’esecutivo è manifestata da Carlo Deodato, Consigliere di Stato ed ex capo del Dipartimento Affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio nel governo Letta.

A suo avviso il testo riflette l’atteggiamento di diffidenza coltivato dal premier nei confronti della macchina statale. E produce effetti nocivi, “poiché rende l’apparato pubblico più fragile e permeabile rispetto alle interferenze illegittime del ceto politico”.

Un piano, osserva il giurista, focalizzato troppo sul reclutamento e attribuzione degli incarichi al fine di consentire al governo di turno una scelta arbitraria dei manager.

“No al ricambio totale dei dirigenti”

Tale visione, evidenzia l’alto magistrato amministrativo, trova conferma nella regola che prevede la fungibilità e il ricambio assoluto nei ruoli tra persone che hanno effettuato un percorso formativo e professionale differente.

“Allo stesso modo dovrebbe essere rivista la facoltà di licenziare e far decadere il manager che resta inattivo contro la propria volontà. Norma che viola il diritto al lavoro e presenta profili di illegittimità costituzionale”.

“Sbagliato riversare premi e penalizzazioni in busta paga”

La mobilità introdotta dalla riforma Renzi-Madia nel mondo della Pa, ha rimarcato la professoressa di Management pubblico presso l’Università di Tor Vergata di Roma Denita Cepiku, non può avere una finalità punitiva per colmare le carenze del ceto politico. Bensì privilegiare nel lungo termine i rapporti di responsabilità tra élite amministrativa e cittadini.

È per questo motivo che la studiosa critica i parametri di valutazione delle performance dei manager introdotti dal governo: “Ritengo sbagliato intervenire sul versante retributivo tramite bonus in busta paga per i comportamenti virtuosi e penalizzazioni economiche per quelli non corretti”.

“La Pa accetti la sfida del cambiamento”

Argomentazioni e rivendicazioni che hanno raccolto un’accoglienza critica nella parlamentare del Partito democratico e vice-presidente del Senato Valeria Fedeli: “Le innovazioni previste dall’esecutivo rientrano nel percorso di cambiamento messo in cantiere dal governo in tutti i campi nevralgici. Una sfida portata avanti prima di tutto attraverso un linguaggio ostile verso i ritardi della burocrazia statale e locale. Ma a cui il mondo della Pa non può rispondere con lo spirito di un contro-potere ancorato alla conservazione dello status quo”.

Anziché condannare l’introduzione del ruolo unico dirigenziale  favorendo nell’opinione pubblica la percezione di un atteggiamento contrario al rinnovamento, la rappresentante della minoranza del Nazareno richiama l’esigenza di puntare su criteri di trasparenza per la selezione e valutazione di qualità del personale amministrativo.

Capaci di coinvolgere compiti e retribuzioni di tutti i manager pubblici, senza escludere le misure approntate da Raffaele Cantone contro la corruzione nell’apparato burocratico.

Segreteria Allievi SNA
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La Segreteria dell'Associazione Dirigenti per l'innovazione – Allievi SNA è a disposizione per eventuali richieste di contatto all'indirizzo e-mail: posta@allievisspa.it.

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